Scultura dedicata ai fratelli Boni 2018-02-26T13:58:16+00:00

Scultura dedicata ai fratelli Boni

Dall’ALMANACCO STORICO OSSOLANO 2007 – Ed. Grossi – Domodossola

L’EPOPEA DEI ROCCIATORI (Paolo Crosa Lenz)

Il Pizzo Boni è un’elegante guglia di roccia che si alza in cima al vallone di Solcio nel gruppo montuoso di Cistella. E’ un prisma triangolare di rocce solo parzialmente solide (un ‘Cervino in miniatura’ per dirla con Luciano Rainoldi che per primo ne ricostruì la storia alpinistica), che nella prima metà del Novecento attirò l’attenzione dei ‘rocciatori’ impegnati a scoprire le pareti delle Alpi Lepontine. Tanto elegante se visto da lontano (come il Cervino!), tanto infido e pericoloso se osservato da vicino. Oltre ovviamente al Monte Leone, è l’unica vetta della zona di Veglia a possedere una storia alpinistica: le sue tre pareti e le due creste sono percorse da itinerari di scalata e la montagna vanta anche due prime ascensioni invernali (nel 1948 e nel 1970) .
Oggi gli interessi degli alpinisti hanno abbandonato le rocce del Pizzo Boni per le modeste difficoltà (tutte le vie non superano il IV grado classico), ma soprattutto per la friabilità della roccia che rende oggettivamente pericolosi gli itinerari. Eppure anche da questa guglia di rocce instabili è passata l’evoluzione dell’alpinismo sui nostri monti e leggere oggi il racconto della sua prima ascensione ci offre uno sguardo su anni lontani. Un viaggio alle origini dell’alpinismo sulle Lepontine.
Il Pizzo Boni viene salito nel 1932 dai fratelli Nino e Leonello Boni con l’alpinista anzaschino Richiero Fall lungo lo spigolo sud; l’itinerario verrà poi ripetuto dagli alpinisti domesi in prima invernale nel marzo 1948. Un primo tentativo era stato effettuato dai fratelli Boni nel 1928 che quindi conoscevano bene la montagna. L’improvvisa morte per malattia di Camillo Boni motivò i fratelli a completare l’ascensione e a dedicargli la vetta: il toponimo di Pizzo Boni sostituisce da allora il precedente di Pizzo del Morto, legato ad una leggenda locale.
Nel secondo e riuscito tentativo, alla cordata partecipò anche Richiero Fall, cercatore di filoni auriferi sui monti d’Anzasca dove Alessandro Nino dirigeva le miniere d’oro di Pestarena.
I fratelli Boni (Camillo, Alessandro Nino e Leonello) erano originari di Ferrara e trascorrevano le estati a Mozzio in Valle Antigorio. Colti e benestanti, appartenevano ad una famiglia legata alle Alpi Lepontine. La madre era infatti cugina di Giovanni Leoni, il poeta dialettale Torototela che nel 1900 promosse la realizzazione del rifugio alpino sul Monte Cistella.
In quindici anni (dagli anni ‘20 alla metà degli anni ‘30 del Novecento) esplorarono sistematicamente guglie e torrioni sui contrafforti minori della catena. Trascorrevano campagne alpinistiche in Devero “coll’aiuto di ragazze entusiaste non so se più di loro o della montagna” (Aldo Bonacossa) di cui rimane traccia nella toponomastica alpinistica. Il loro nome rimane su due vette: il Pizzo Boni nel vallone di Solcio e la Guglia Boni, una delle due pericolanti e sbilenche torri nel massiccio di Cornera scalata nell’agosto 1924.
Il testo inedito che presentiamo, gentilmente messo a disposizione da Gabriella Boni Andreis, è il racconto, in forma di resoconto d’ascensione, della prima salita realizzata il 31 luglio 1932. E’ tratto dal manoscritto, steso a quattro mani da Alessandro Nino e Leonello Boni il successivo settembre a Mozzio.  Esso rispecchia, nell’immediatezza del racconto scritto di getto, l’intensità delle emozioni vissute e apre al lettore moderno una finestra su un alpinismo d’altri tempi.

Bibliografia
Armelloni R. – Alpi Lepontine – Guida dei monti d’Italia, CAI – TCI, Milano 1986
Crosa Lenz P. – Frangioni G. Alpe Veglia  Grossi, Domodossola, 2005
Fortis M. – Dal Monte Leone al Basodino,  Grossi, Domodossola , l 994
Rainoldi L. – 31.7.1932 –  Pizzo Boni: un piccolo cervino in ‘Lo Scarpone’. 1° ottobre 1973

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